Elemental e una digressione lampo sull'amore
Perché il cuore ha le sue ragioni che The Flash non conosce
In un raro pomeriggio di totale disimpegno, sono capitato vicino a un cinema con la voglia di vedere qualcosa di imprevisto. I film, alle improbabili 15:30, erano due: Elemental, fresco di debutto, ultimo lavoro di Disney Pixar; e The Flash, travagliatissimo film sul velocista DC Comics, con dentro Batman, Supergirl, un altro Batman, un altro Flash, et cetera.
La scelta è ricaduta sul primo film - niente colpo di scena - che si è dimostrato, sotto molti punti di vista, anonimo nel migliore dei casi e lacunoso nel peggiore. Ma una cosa buona, almeno, ce l’ha: una storia d’amore.
Ed è più importante di quello che sembra.
Come di consueto, due o tre motivi per cui leggere questo articolo, qui e ora:
Elemental è lungi dall’essere un bel film, ma ci dà uno spunto per capire perché, oggi, parlare d’amore in un film non incentrato sull’amore è ritenuto un rischio produttivo enorme, e quindi sempre più raro
è importante notare i difetti dei film più blasonati, ma pure i pregi dei film meno riusciti. Solo con il quadro completo, scegliendo quali film imperfetti vedere, possiamo indirizzare il mercato e plasmare i “rischi” e le possibilità del futuro
se proprio vi interessa The Flash (perché?), resistete fino al Post scriptum
Zootropolis con gli elementi
Al film interessa molto parlare di integrazione, tema non facile ma sempre di grande impatto. Il problema è che arriva con sette anni di ritardo sul “cugino” Zootropolis, Disney ma non Disney Pixar, che nel 2016 lo trattava con gli animali al posto degli elementi in modo più convinto, originale e ficcante.
Non che faccia male, un film in più sul tema, anzi, ma la somiglianza dal punto di vista dell’immaginario e la lontananza da quello di qualità e varietà (gli animali sono tanti, gli elementi sono quattro) formano un binomio alquanto problematico.
A fugare i pochi dubbi rimasti che Elemental sia condannato al confronto impietoso con Zootropolis, ci pensa la trama: due soggetti nemici per natura si ritrovano loro malgrado a collaborare per risolvere un mistero che mette in pericolo la città, scoprendo un’intesa inaspettata che rimetterà in discussione le loro intere vite.
Non è bello ma balla
Attenzione, Elemental ha anche problemi “tutti suoi”. Se da una parte fa emergere diversi sotto-temi derivanti dall’integrazione, come l’eredità emotiva familiare (eco di un altro buon Pixar, Red), alcuni li ignora completamente, come l’ingiustissima disparità di classe nell’ecosistema vita-sogni-lavoro. Eppure l’occasione si presenta, enorme, incarnata proprio dai due protagonisti.
Nonostante la durata concisa (1 ora e 40 minuti) rispetto alla media odierna, la struttura è confusa e il ritmo singhiozza, con sequenze oblunghe e scene ingiustamente tagliate con l’accetta. Inoltre, la versione italiana è penalizzata dall’uso di talent per doppiare i due personaggi principali (Zootropolis li relegava ai ruoli di contorno). Fanno del loro meglio ma, non essendo doppiatori professionisti, il loro meglio non è abbastanza, e infrangono troppo spesso la sospensione dell’incredulità.
Ma allora perché spendere tempo e parole a parlare di questo film?
Perché, nonostante tutto, “ci prova”: esplicita una storia d’amore quando poteva cavarsela con qualche allusione, come fa tra l’altro Zootropolis, tra i tanti e sempre più numerosi. Il rischio che Elemental si prende non lo ripaga, non lo salva dai suoi difetti - e già capire questo è importante, che non sempre i rischi ripagano - ma lo rende degno di essere discusso. Che è più di quanto si possa dire, per esempio, di The Flash.
L’elemento che trascende le dimensioni
Esatto, parliamo d’amore.
Nel 2014 esce Interstellar, per la regia di Christopher Nolan, allora già in rapidissima ascesa tra i grandi sulla scena cinematografica. Eppure, non tutti amano i film di Nolan, e pure chi li apprezza riconosce che Chris ha un difetto: stenta a parlare con il cuore. I suoi film si distinguono per le trame avvincenti, l’uso sapiente di occhi e cervello, ma in quanto a emozioni… sono tutti un po’ freddi.
Quindi, con Interstellar, in sceneggiatura insieme al fratello Jonathan, Chris fa un tentativo: aggiunge all’intreccio fantascientifico un po’ d’amore. Lo fa in maniera timida, si vede che tenta di uscire dalla sua zona di comfort, oltre l’amore paterno e filiale tra Cooper e Murphy. In una scena particolare si manifesta questo suo impulso, con il discorso della Dott.ssa Amelia Brand sull’amore che trascende le dimensioni.
Magari è una testimonianza, un artefatto di un'altra dimensione che non possiamo percepire consciamente. Io sono dall'altra parte dell'universo, attratta da qualcuno che non vedo da un decennio, una persona che forse è morta. L'amore è l'unica cosa che riusciamo a percepire che trascenda dalle dimensioni di tempo e spazio. Forse di questo dovremmo fidarci, anche se non riusciamo a capirlo ancora.
Scena che moltissimi ricordano come “imbarazzante”, in un film altrimenti spettacolare. Giudizio severo e, a mio parere, ingiusto, vista l’ottima prestazione di Anne Hathaway (che con Nolan, due anni prima, aveva già provato il personaggio “sentimentale”, come Catwoman) e l’intento, chiarissimo, di usare l’amore come chiave per sbloccare un’impasse logica e aggiungere conflitto drammatico.
A ogni modo, Hollywood prende appunti (lo stesso Nolan non scherza più col fuoco) e, con la spinta decisiva di Disney e Marvel Studios, inizia a ridurre le dosi d’amore in tutti i film che non siano interamente incentrati su di esso. Il motivo è chiaro: se un film è incentrato sull’amore, il pubblico sa già in anticipo che lo troverà al suo interno.
Se il pubblico non lo sa, e si trova di fronte a una scena romantica, potrebbe non avere la reazione sperata. I rischi non sempre ripagano quindi meglio evitarli del tutto. Alle brutte, se proprio bisogna inserire una scena romantica, ci si piazza una battuta subito dopo, per sgrassare, e si pattina lontano da ogni possibile imbarazzo.
Basti pensare, per esempio, alla differenza di peso e qualità dell’amore, come elemento narrativo, dagli Spider-Man con Tobey Maguire, ma pure da quelli con Andrew Garfield (il cui secondo e ultimo è del 2014, coevo di Interstellar), a quelli più recenti con Tom Holland, in cui l’amore c’è ma non si vede, e si “sente” ancora meno.
All you need is love
Elemental sbaglia molte cose, ma torna al buon vecchio strumento dell’amore come ideale attraverso cui rileggere, e tentare di risolvere, i conflitti che i personaggi hanno con sé e con il mondo: un’operazione che non sempre riesce loro (solitamente sì), ma li “costringe” alla sincerità, all’accettazione, alla massima volontà di essere liberi, o felici, o se stessi di fronte ai propri ostacoli, siano essi super-villain, entità categoriche come lo scorrere del tempo, un gemello cattivo o l’impellente capitalismo.
Poco importa se questo non coincide con l’esperienza pratica dell’amore, anzi; proprio la sua natura soggettiva fa sì che, nei film che scelgono di trattarlo in questo modo, diventi un tramite malleabile per le emozioni di ogni singol* spettator*, uno specchio in cui farl* riflettere, un bicchiere vuoto da riempire con la sua esperienza, il suo amore. Un modo per rendere un film davvero di ognuno, e non per tutti.
Per questo vale la pena di parlare di Elemental, e scegliere lui, in sala, invece di The Flash, ennesimo film sul multiverso, probabilmente ricalcato sul modello (già scadente) di Spider-man: No Way Home, con infiniti cameo e operazioni nostalgia, rimpinzato alla nausea di battute e umorismo à la James Gunn. Per indirizzare mercato e produzioni nella direzione opposta, riaccendere per il futuro una scintilla di speranza, sia pure quella proveniente da film mediocri con un briciolo di coraggio.
Post scriptum
Dopo aver terminato di scrivere questo articolo ma prima di pubblicarlo, ho visto anche The Flash, perché mi sentivo in colpa a criticarlo “alla cieca”.
Era peggiore di quanto mi aspettassi.